La valutazione dei rischi e la conseguente elaborazione del documento non sono burocrazia. Come è vero che non si può concepire la sicurezza come qualcosa di separato dal lavoro, opzionale e sovrapposto, come se ci fosse una dicotomia tra le due cose, non si dovrebbe neppure pensare che il documento di valutazione dei rischi, per quanto necessario, possa essere sufficiente per il solo fatto di esistere.
Quand’anche fosse perfetto sul piano dei contenuti, cosa che non capita quasi mai, la valutazione del rischio è un’attività in continuo divenire; in ogni momento, ogni azione deve essere preceduta dall’analisi di ciò che potrebbe verificarsi (pericolo), dal calcolo della probabilità (rischio) che ciò succeda e dall’individuazione delle modalità di lavoro da attuare per ridurre il rischio. Il documento è “un mezzo” per comunicare e rendere evidente il processo di valutazione dei rischi ma non è “il fine”; il documento viene reso “un adempimento burocratico” più o meno costoso da chi lo considera una cosa inutile, formale, da tenere in forma cartacea, a prescindere dal contenuto e soprattutto da chiudere nel cassetto finché non sarà lo SPISAL (o altro organo di vigilanza) a richiederlo.